30 luglio 2005 

ancora sangue amaro...

Le Poste portano a casa i testi. Fornitore unico: una società della Mondadori di Berlusconi. I libri scolastici in conflitto d’interessi
 

Non è solo Berlusconi, il quale pattuglia appena può antiquari e gioiellerie, a fare regalini agli amici, come il prezioso orologio Longines impacchettato per tutti i deputati l’ultimo Natale. Càpita a volte che siano gli amici a fare regalini a lui. Letizia Moratti e le Poste Italiane, ad esempio, per il prossimo compleanno che il Cavaliere festeggia in coincidenza con l’apertura delle scuole, hanno deciso di donargli la possibilità di sbaragliare anche il mercato dei libri scolastici. Uno dei pochi settori, col commercio dei coleotteri o la produzione di mostarda mantovana, nel quale non si era ancora cimentato.

Cosa rappresentino i libri scolastici è presto detto: con 400 milioni di euro l’anno di fatturato, sono una fetta di un terzo circa dell’intero mercato del libro. Ma, ciò che più conta, sono la boccata di ossigeno che una volta l’anno permette alle piccole librerie sparse per la provincia italiana, dove si vende il 28% scarso di tutti i volumi, di tirare il fiato e non abbassare le saracinesche vinte dalla sciatta indifferenza di un paese che legge poco come il nostro. Tanto per capirci: in molti casi, nelle cittadine del Nord come del Mezzogiorno, l’incasso per i testi adottati dalle elementari alle medie superiori può superare il 60% degli introiti annuali.

Il costo di questi libri imposti agli studenti, del resto, è spesso elevato se non, in certi casi, stratosferico. Basti dire che la «dote» di un ragazzino di prima media può costare oltre 300 euro, quella di un ragazzo delle commerciali intorno ai 350, di un liceale anche 500. Un peso che in questi anni di vacche magre può essere, per molte famiglie, esorbitante. Al punto di incidere, nei casi più gravosi, perfino sulla scelta di molti studenti di abbandonare la scuola. Per non dire delle code interminabili che ogni genitore si deve sobbarcare ogni anno per rastrellare tutto il bagaglio editoriale necessario ai figli.

Va da sé che ogni iniziativa per alleviare questa soma sulle spalle delle famiglie, magari tenendo conto anche delle esigenze delle piccole librerie locali che sono un patrimonio preziosissimo (si pensi alla Calabria, alla Basilicata o al Molise dove sono meno di una ogni 100 mila abitanti) è la benvenuta. E così è andata, infatti, con l’iniziativa delle Poste Italiane che, tra cori di consensi, hanno distribuito 5 milioni di locandine e avvisi vari per segnalare agli istituti scolastici e alle famiglie italiane la possibilità di ordinare i testi, via internet o via telefono, per poi comodamente riceverli a casa portati dal postino.
Con l’optional di poter rateizzare il pagamento in 12 mesi al tasso del 7.5%. Che non sarà basso, visto che il tetto massimo sarebbe il 7,77%, ma potrebbe aiutare molte famiglie a sopportare meglio l’impatto della spesa supplementare autunnale. Fin qui, tutto ok.

Ma il bello deve ancora arrivare. A chi hanno deciso di affidare l’operazione, infatti, il ministero della Pubblica Istruzione e le Poste Italiane? Voi direte: avranno fatto una gara d’appalto. Macché.
Avranno sentito gli editori? No, tranne uno: indovinate quale. Avranno consultato i librai? Neppure: «Manco una telefonata», spiega furente Rodrigo Diaz, presidente dell’Ali, l’Associazione librai italiani, «abbiamo saputo tutto a cose fatte e tutti i telegrammi mandati alla Moratti o a Letta non hanno avuto risposta. E’ stata una cosa sporca». Avranno sondato il mercato per vedere chi è il più forte nel commercio di libri on-line? «Assolutamente no», risponde Mauro Zerbini, amministratore delegato di Ibs, gruppo Longanesi, «il nostro è il sito di questo tipo più visitato d’Italia, a giugno abbiamo avuto 991 mila contatti e nel 2004 abbiamo fatturato 13,2 milioni di euro. Ma non abbiamo avuto dal ministero o dalle poste neppure una telefonata. Neppure una. Abbiamo saputo tutto a cose fatte».
Ma allora, come è stato scelto il fornitore di tutto quel bendidio di libri? E’ quello che chiede in una interrogazione, tra gli altri, il senatore Stefano Passigli. Il quale, oltre ad accusare la Moratti poiché «il suddetto servizio postula che Poste Italiane abbiano ottenuto dal ministero la lista delle adozioni dei testi con largo anticipo su tutte le librerie», ha anche presentato un esposto ad Antonio Catricalà, l’ex segretario generale di Palazzo Chigi nominato presidente dell’Autorità per la concorrenza e il mercato. Il fortunato fornitore prescelto per il businness è infatti «Bol». Una società di vendita di libri on-line che fattura meno della metà di Ibs (5,5 milioni contro 13,2), ha meno della metà dei contatti internet (a giugno 434 mila contro 991 mila) ma, per pura coincidenza, appartiene alla Mondadori. Cioè alla casa editrice di proprietà del «principale» di Letizia Moratti, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

Che le Poste Italiane vogliano bene al capo del governo non è un mistero. Prima di questo piacerino, per dire, avevano già fatto un accordo per mettere a disposizione di Mediolanum, la banca del premier, i loro 14 mila sportelli col risultato di trasformare una banca virtuale, quale era fino ad allora quella presieduta da Ennio Doris, nell’istituto di credito con la maggiore copertura territoriale. Non bastasse, Massimo Sarmi, l’amministratore delegato etichettato come vicino ad An e in particolare a Gianfranco Fini, era arrivato al punto di invitare a Roma il capo del governo, poco prima di Natale, all’inaugurazione del più bello e avveniristico ufficio postale d’Italia. Un gioiello che ruotava intorno al Sistema Informatico Livelli Virtuali di Integrazione Operativa. Ma che meraviglia di acronimo: S.i.l.v.i.o.!

Gian Antonio Stella
28 luglio 2005



29 luglio 2005 

persone da ascoltare.. Islam e Nuovo Umanesimo

con un tg nazionale che sta per 10 minuti a raccontare i dettagli dei prossimi funerali dei 4 italiani morti a Shar El Sheik, o con dei ministri della Repubblica che non sembrano aver mai aperto gli occhi per osservare ciò che sta fuori dai loro confini.. che dire?

meno male che ci sono persone degne di essere ascoltate.
e quando lo fai ti si riempie il cuore da quanto senti che c'è davvero ancora della lucidità mentale, da qualche parte, e persone che aspirano a crescerla, in sè e negli altri.

in questo momento mi riferisco ad esempio al dott. Salvatore Puledda, del quale mi permetto di trascrivere qui in toto una sua conferenza sul Nuovo Umanesimo e l'Islam.
buona esperienza.

Trascrizione dell’intervento del Dr. Salvatore Puledda alla conferenza del 15 novembre 1997 a Milano.

Ringrazio il Centro delle Culture di Milano, Alien, ed il suo presidente per aver organizzato questo evento ed il Dr. Alì Abu Shwaima per aver espresso in modo tanto lucido la posizione dell’Islam sull’attuale crisi della civiltà. Ringrazio gli amici venuti dall’Africa e tutti voi qui presenti.

Cercherò, nel tempo a mia disposizione, di chiarire la posizione del Nuovo Umanesimo, che qui rappresento, su alcuni punti fondamentali. In primo luogo, l’ampiezza ed il significato della crisi personale e sociale che stiamo vivendo, e le proposte che avanziamo per fronteggiarla. In secondo luogo, la concezione dell’essere umano che proponiamo, ed infine, un tema, anch’esso centrale, soprattutto nel contesto di questo incontro, e cioè la nostra posizione nei confronti della religiosità e della trascendenza.

Ma prima di iniziare l’esposizione di questi temi, mi sembra importante chiarire qual è per noi il significato di questo incontro con dei rappresentanti ufficiali –di vasta esperienza e di profonda conoscenza dottrinaria- di una delle grandi religioni del mondo, l’Islam.

Il nostro è un movimento giovane, nato in un’area culturale specifica, quella latina, e più in particolare in quella latino-americana, ma che fin dall’inizio ha mostrato una netta vocazione internazionalista, anzi una chiara e cosciente spinta a superare la propria particolarità culturale e a dirigersi verso tutte le culture. Il Movimento Umanista via via che si espandeva dal suo luogo di origine, prima in Europa e negli Stati Uniti e quindi in Asia e Africa, entrava in contatto ed includeva persone ed associazioni appartenenti a culture e credi religiosi diversi.

Qui c’è da precisare subito un aspetto-chiave: il Movimento Umanista non ha mai chiesto a nessuno dei suoi membri di tagliare le proprie radici culturali o di abbandonare la propria fede religiosa per uniformarsi al modello culturale dei fondatori del Movimento stesso. Al contrario, li ha sempre invitati a mettere in pratica, nella forma più profonda e coerente, i principi religiosi e morali nei quali credevano e buona fede e che ritenevano validi. Il Movimento Umanista non distingue i propri membri sulla base delle loro credenze religiose; al contrario accetta al suo interno tutte le religioni incluso l’ateismo, a patto che queste non predichino e pratichino la violenza o la discriminazione per imporre la loro visione del mondo.

Proprio perché include al suo interno, su una base di parità e secondo l’unico criterio della comune umanità, persone appartenenti a culture e a credi religiosi diversi, il Movimento Umanista ha sempre favorito tutte quelle attività che portassero ad una migliore conoscenza reciproca, a uno scambio e ad un arricchimento mutuo, con i rappresentanti delle diverse religioni. La lista di questi incontri è ormai lunga. Ne ricorderò solo i più importanti ad alcuni dei quali ho avuto la fortuna di partecipare personalmente.

Nel 1981, nello Sri Lanka, ci fu un grande incontro tra rappresentanti del massimo livello dello Shanga, cioè l’ordine buddista ed il fondatore del Movimento Umanista, Silo. Sempre nell’81, ci fu altro incontro di Silo con vari religiosi induisti, in occasione del discorso che Silo stesso tenne sulla spiaggia di Chawpatty a Bombay, davanti a oltre 10.000 persone. Ricordo anche che nel Primo Forum Umanista, che si tenne a Mosca nel 1993, partecipò un delegato della Chiesa Ortodossa russa in rappresentanza del Patriarca. Incontri con le comunità ebraiche, specialmente in Argentina, sono stati frequenti, e lo stesso vale per la fede Ba’hai e per i rappresentanti religiosi di popoli indigeni d’America.

Dunque, questo scambio di idee con i nostri amici islamici si inquadra per noi in un contesto più ampio che è quello dell’incontro con i rappresentanti di tutte le fedi cui appartengono i nostri aderenti. Esso ha luogo nel momento in cui al Movimento Umanista iniziano ad aderire numerose persone che si sono formate nell’Islam e per le quali l’Islam costituisce tanto la radice culturale che la guida spirituale.

Debbo dire, per concludere questo punto, che in tutti gli incontri che ho citato e nei numerosi altri che hanno avuto luogo, sempre il nostro messaggio è stato ricevuto con grande attenzione e rispetto; sempre abbiamo trovato persone che , nonostante appartenessero ad un credo specifico –magari ad una religione antichissima e veneranda- hanno sempre manifestato una genuina preoccupazione non tanto e non solo per la loro comunità religiosa e per la loro chiesa, quanto per le sorti dell’umanità in generale, per questa situazione di gravissima crisi, per questo delicatissimo passaggio storico nel quale a tutti tocca vivere.

Chiarito, dunque, il significato che per noi ha questo incontro, vorrei passare a trattare i temi che ne costituiscono il contenuto specifico. Iniziamo con la crisi personale e sociale che dà il titolo all’incontro stesso.

Il Movimento Umanista, fin dalla sua apparizione 30 anni fa, ha sempre parlato di una crisi che si sarebbe estesa e approfondita fino a minare le fondamenta stesse dell’attuale civiltà umana; di una crisi che non avrebbe risparmiato nessun paese e nessuna istituzione per quanto solidi, potenti, rispettati essi potessero al momento apparire.
Trent’anni fa questi discorsi suonavano un po’ strani, fuori tono, poco costruttivi, anzi decisamente catastrofici. Oggi, dopo tante delusioni, sconfitte e perdite delle proprie certezze, dei propri modelli, anche l’uomo della strada ammette l’esistenza di una crisi che investe tanto la sfera sociale quanto quella personale.
In Movimento Umanista ha sempre sostenuto che non si trattava di una crisi parziale, limitata ad un qualche settore della società, come per es. la politica, l’economia, l’arte, la vita religiosa, ma di una crisi strutturale e globale. Né essa sarebbe rimasta confinata all’Occidente, dove i suoi sintomi apparivano più chiari, ma si sarebbe estesa a tutte le culture, a tutta la civiltà umana. Ma il Movimento Umanista ha sempre sostenuto altresì che tale crisi non doveva essere interpretata in senso tragico o millenaristico: essa mostrava l’esaurirsi di un momento di processo, la fine di una condizione ed annunciava una trasformazione radicale, anche se difficile e tortuosa, della civiltà umana. La crisi, nonostante i pericoli e le minacce che essa portava con sé, corrispondeva ad una crescita, ad un avanzamento dell’essere umano. La crisi c’era perché l’essere umano aveva fatto grandi passi avanti e niente di quanto gli era dato lo soddisfaceva pienamente.
Ed è proprio da questo delicato passaggio da uno stadio ad un altro più avanzato della civiltà umana che il Movimento Umanista trae le proprie legittimazioni. Non ci sarebbe bisogno di esso se le istituzioni, l’organizzazione sociale, la distribuzione della ricchezza andassero bene in una qualunque parte del mondo; se gli esseri umani sperimentassero una felicità e una pace sempre più profonde in una qualunque parte del mondo.

Qui giungiamo all’aspetto più specifico della crisi attuale, che ne fa un unicum, qualcosa di mai accaduto nella storia umana: mi riferisco alla sua globalità, alla sua dimensione planetaria. Nella storia umana si è assistito ripetutamente al crollo di imperi immensi, di intere civiltà, alla scomparsa di popoli potenti con le loro città, le loro istituzioni, i loro dei. Ma mai, sull’umanità nella sua interezza, era apparsa la minaccia di una catastrofe globale, di una sparizione completa, come quella che fronteggiamo oggi per i pericoli posti da una guerra nucleare o dagli squilibri ecologici.
Ma neppure era mai apparsa la possibilità della creazione di una civiltà globale e comune per tutti i popoli della Terra. La crisi nasce proprio da questo difficile e rischioso passaggio.
La nostra è la prima generazione che ha visto l’immagine del proprio pianeta dall’esterno. Dallo spazio abbiamo visto il nostro pianeta, un solo pianeta, la nostra casa comune. E lo abbiamo visto minacciato, fragile. Credo che nulla, meglio di questa immagine, dia conto della crisi e nello stesso tempo della sfida che attende l’umanità.
Perché su questo pianeta, comune a tutti, unificato dai mezzi di comunicazione di massa, vediamo in tempo reale gli squilibri più dolorosi, la fame e l’opulenza, le tecnologie più avanzate e il lavoro fisico più sfibrante, città immense al limite del collasso ed aree abbandonate e deserte. Ma soprattutto vediamo la confusione, la perdita del senso della vita e la violenza in tutte le sue forme: economica, religiosa, razziale, sessuale, psicologica … La violenza, esaltata dal nuovo potenziale tecnologico.
Credo che a tutti risulti chiaro come ormai esistono le possibilità pratiche di portare l’intera umanità ad un livello accettabile per quanto riguarda il cibo, la casa, la salute. Se questo non avviene è perché esiste un sistema economico mostruoso che concentra nelle mani del 20% dell’umanità l’80% delle ricchezze. E questo non solo su scala globale, tra paese ricchi e paesi poveri, ma anche all’interno degli stessi paesi opulenti, dove cresce la disoccupazione, la marginalità di intere fasce di popolazione, di intere aree geografiche.

Ma forse l’aspetto più preoccupante della crisi attuale sta nello scontro in atto tra le diverse culture. Fino a tempi recenti, le grandi civiltà si sono sviluppate separatamente, in gran parte sulla base di fattori endogeni, e solo occasionalmente hanno interagito in modo più o meno profondo, attraverso gli scambi commerciali, le influenze culturali e religiose, le migrazioni, le guerre.
Oggi, nel villaggio globale, tutte interagiscono con tutte. Attraverso i mezzi di comunicazione di massa, appaiono nelle nostre case modi di vita, visioni del mondo diverse, finalità e valori contrastanti. Dove sta il bene e dove sta il male? Tutto si relativizza. Nelle grandi metropoli, in uno spazio fisico ristretto, vivono fianco a fianco essere umani con paesaggi culturali, punti di riferimento, modelli di vita diversi o addirittura opposti. Dove sta il bene e dove sta il male, se cioò che è bene per me è diverso da ciò che è bene per il mio vicino?

Per il Movimento Umanista in questo sta la dimensione ed il significato della crisi attuale. Potremmo aggiungere descrizioni più approfondite –sociologiche, politiche, economiche, ecc.- ma credo che anche senza di esse, non sia difficile convenire sul fatto che nella presente situazione di globalizzazione -dalla quale non è più possibile tornare indietro- si presentano due strade: o una lotta distruttiva tra le varie culture per l’egemonia, con il prevalere finale di una e quindi l’apparizione di una nuova dimensione imperiale uniformata, coercitiva, su scala planetaria, oppure la creazione di una nazione umana universale, in cui le differenti culture possano coesistere, apportando ciascuna la propria esperienza ed il proprio contributo, ciascuna con la propria identità, con i propri colori, la propria musica, la propria via per avvicinarsi al divino.

Qui arriviamo ad un altro punto che ci interessa discutere. Qual è il contributo che può apportare il Movimento Umanista alla costruzione della nazione umana universale? Ma prima di questo è necessario un qualche chiarimento. Perché Movimento Umanista, perché Nuovo Umanesimo?

Se apriamo un manuale di storia, apprendiamo che l’umanesimo è stato un fenomeno culturale che è apparso in un momento storico ed un luogo geografico ben preciso: in Italia prima e quindi in tutta l’Europa Occidentale tra la metà del XIV secolo e la metà del XVII secolo.
Ma che cosa ha a che vedere questo movimento culturale con il mondo attuale? Certo tutti comprendiamo che la sua importanza è stata grandissima nella storia dell’Occidente perché ha rivendicato dignità e centralità per l’essere umano contro la svalutazione operata dal Medioevo Cristiano. Ma che cosa può dire alle culture dell’Asia e dell’Africa, agli eredi delle culture precolombiane, o a quelle dell’Oceania? Il Movimento Umanista attuale riformula e reinterpreta in modo nuovo il concetto di umanesimo e lo inserisce in una prospettiva storica globalizzante, cioè in sintonia con l’epoca attuale che, come abbiamo detto, vede gli albori, per la prima volta nella storia umana, di una società planetaria.

Per noi, l’umanesimo che appare con forza in Europa in epoca rinascimentale e che pone al centro di tutto l’essere umano e la sua dignità, non è un fatto esclusivamente europeo. Esso era già presente in altre culture, per es., nell’Islam, in India e in Cina. Certo, veniva chiamato in altro modo, dato che altri erano i parametri culturali di riferimento, ma non di meno esso era implicito sotto forma di “atteggiamento” e di “prospettiva di fronte alla vita”.
Quindi, nella nostra concezione, l’umanesimo risulta essere una fenomeno che è sorto e si è sviluppato in diverse parti del mondo ed in diverse epoche. Proprio per questo esso può imprimere una direzione convergente a culture diverse che attualmente si trovano forzatamente e conflittivamente a contatto.

Ma sulla base di quali indicatori storici possiamo parlare in questi termini, e sviluppare questa interpretazione? In quali momenti si può parlare di “umanesimo” per culture che hanno avuto una storia complessa ed estremamente varia? A nostro parere, in tutte le grandi culture della Terra è possibile rintracciare momenti, che noi chiamiamo appunto “umanisti” e che sono riconoscibili attraverso i seguenti indicatori:
In tali momenti,

l’essere umano occupa una posizione centrale sia come valore sia come preoccupazione;
si afferma l’uguaglianza di tutti gli esseri umani;
si riconoscono e si valorizzano le diversità personali e culturali;
si tende a sviluppare la conoscenza al di là di quanto accettato fino a quel momento come verità assoluta;
si afferma la libertà di professare qualunque idea e credenza;
si ripudia la violenza.

Su questo punto vorrei citare proprio l’esempio dell’Islam.
Al momento attuale, in Occidente, si tende ad identificare l’Islam con una tendenza religiosa fondamentalista (che tra l’altro oggi è presente in tutte le religioni storiche, nessuna esclusa), dimenticando che l’Islam nei secoli che corrispondono al nostro Medioevo, si caratterizzava per un dei più luminosi esempi di tolleranza religiosa. Questo quando nell’Europa vigeva il più rigido ed intransigente integralismo religioso.
Ma per descrivere più accuratamente quello che abbiamo definito come “momento storico umanista” nell’Islaòm, io mi rifaccio ad un esperto nella materia, lo storico russo Artur Segadeev. Vorrei leggervi il seguente brano, tratto da una sua conferenza intitolata “L’umanesimo nel pensiero musulmano classico”:

"(...) la base dell'umanesimo nel mondo musulmano era determinata dallo sviluppo delle città e della loro cultura... La concentrazione, nelle città, di grandi risorse provenienti dal commercio e dalle tasse, determinò, nel Medioevo, la nascita di una frangia piuttosto numerosa di intellettuali, portò a una dinamizzazione della vita spirituale e creò una situazione di prosperità per la scienza, la letteratura e le arti. Al centro dell'attenzione, in ogni campo, stava l'essere umano, inteso sia come genere umano che come personalità singola. Va sottolineato come il mondo musulmano medievale non abbia conosciuto quella divisione negli orientamenti assiologici, cioè in tema di valori, tra la cultura urbana e la cultura ad essa opposta, che in Europa era rappresentata dagli abitanti dei monasteri e da quelli dei castelli feudali. I responsabili dell'educazione teologica e i gruppi sociali che nel mondo musulmano svolgevano una funzione analoga a quelli feudali in Europa vivevano nelle città, dove subivano l'influenza poderosa della cultura che si era formata tra i cittadini musulmani facoltosi. Possiamo farci un'idea di quale fosse l’orientamento assiologico di tali abitanti, prendendo in esame il gruppo di riferimento che tendevano ad imitare, perché incarnava quei tratti distintivi considerati indispensabili in una persona illustre e ben educata. Tale gruppo di riferimento era costituito dagli Adib, persone di vasti interessi umani, istruite e dotate di profondo senso morale. L'Adab, vale a dire l'insieme delle qualità proprie dell'Adib, comportava un ideale di condotta nella vita cittadina e di corte basato sulla raffinatezza e l'umorismo, e per la sua funzione intellettuale e morale, era sinonimo di quel che i greci avevano indicato con la parola 'paideia' e i latini con 'humanitas'. Gli Adib incarnavano gli ideali dell'umanesimo e nel contempo ne diffondevano le idee, che a volte assumevano la forma di lapidarie sentenze, quali: "l'uomo è il problema dell'uomo"; "chi attraversa il nostro mare non troverà altra sponda se non sé stesso". L'insistenza sul destino terreno dell'essere umano, così tipica dell'Adib, lo portava a volte allo scetticismo religioso e alla comparsa tra le sue fila di figure assai in vista che ostentavano il proprio ateismo. Adab, inizialmente, indicava le norme di comportamento, l’etichetta, dei beduini; ma il termine assunse un significato veramente umanista, quando il Califfato, per la prima volta da Alessandro Magno, divenne il centro di interrelazione tra differenti tradizioni culturali e tra differenti gruppi confessionali, il centro che univa il Mediterraneo al mondo indo-iraniano. Nel periodo di prosperità della cultura musulmana medievale l'Adab esaudì l’esigenza di conoscere la filosofia ellenica antica, ed assimilo’ i programmi educativi elaborati dai filosofi greci. Per la realizzazione di tali programmi i musulmani disponevano di enormi possibilità: basti dire che, secondo il calcolo degli specialisti, nella sola Cordova si concentravano più libri che in tutta Europa, escludendo l’el-Andalus. Il Califfato, divenuto centro di influenze reciproche tra culture diverse, mischiando differenti gruppi etnici, contribuì alla formazione di un altro elemento dell'umanesimo: l'universalismo, ovvero l’idea dell'unità del genere umano. Nella vita reale, alla formazione di questa idea corrispose il fatto che le terre abitate dai musulmani si estendevano dal corso del Volga a nord fino al Madagascar a sud, e dalla costa atlantica dell'Africa a occidente fino alla costa pacifica dell'Asia ad oriente. Sebbene con il passare del tempo l'Impero musulmano finì per disintegrarsi, e i piccoli stati formati sulle sue rovine fossero comparabili con i possedimenti dei successori di Alessandro Magno, i fedeli dell'Islam continuarono a vivere uniti da una sola religione, una sola lingua letteraria comune, una sola legge, una sola cultura, e nella vita quotidiana continuarono a comunicare con vari gruppi confessionali molto diversi da loro e a interscambiare con essi valori culturali. Lo spirito dell'universalismo dominava nei circoli scientifici (i "Madjalis") che univano musulmani, cristiani, ebrei ed atei, provenienti dagli angoli più remoti del mondo musulmano, che condividevano interessi intellettuali comuni. Li univa quella "ideologia dell'amicizia" che in precedenza aveva unito le scuole filosofiche dell'antichità - quali, ad esempio, gli stoici, gli epicurei, i neoplatonici, ecc. - e che avrebbe tenuto unito, nel Rinascimento italiano, il circolo di Marsilio Ficino. Sul piano teorico, i princìpi dell'universalismo erano già stati elaborati nel quadro del Kalam, o teologia speculativa; in seguito divennero il fondamento della concezione del mondo, tanto per i filosofi razionalisti quanto per i mistici sufi. Nelle discussioni organizzate dai teologi Mutakallim (i Maestri dell'Islam), alle quali partecipavano i rappresentanti di differenti confessioni, la norma era fondamentare l'autenticità delle tesi non con riferimenti ai testi sacri, dato che questi non avrebbero offerto ai rappresentanti di altre religioni alcun sostegno per la discussione, ma basandosi esclusivamente sulla ragione umana".

Il terzo punto che mi interessava sviluppare è quello relativo alla concezione dell’essere umano proposta dal Movimento Umanista.

Il Movimento Umanista colloca l’essere umano nella dimensione della libertà. La coscienza umana, in questa concezione, non è un riflesso passivo o deformato del mondo materiale, ma fondamentalmente attività intenzionale, attività incessante di interpretazione e ricostruzione del mondo materiale e sociale. L’essere umano, sebbene partecipi del mondo naturale in quanto ha un corpo, non è riconducibile ad un semplice fenomeno zoologico, non ha una natura, un’essenza definita, un è un “progetto” di trasformazione del mondo materiale e di se stesso.
Il progetto umano collettivo è per il Movimento Umanista, l’umanizzazione della Terra, cioè l’eliminazione del dolore fisico e della sofferenza mentale, e pertanto l’eliminazione di tutte le forme di violenza e di discriminazione che privano gli esseri umani della loro intenzionalità e libertà e li riconducono a cose, ad oggetti naturali, a strumenti dell’intenzione altrui.
Il Movimento Umanista sintetizza tutto questo nello slogan: “Niente al di sopra dell’essere umano e nessun essere umano al di sopra di un altro”

Ma si potrà obiettare, non è forse Dio al di sopra dell’uomo? Non è forse una scintilla divina ciò che rende l’essere umano libero e radicalmente diverso da tutti gli altri esseri animati?
Perché allora non si colloca Dio, la parola di Dio, i comandamenti di Dio al di sopra dell’uomo? Non è forse Dio il centro di tutto, come insegnano le grandi religioni?
Qui veniamo all’ultimo punto di questa discussione.

Per noi è molto importante distinguere tra le religioni –con i loro libri sacri, le loro teologie, i loro riti e culti- e lo spirito religioso. Questo si è manifestato nella storia in forme che non necessariamente ricadevano nei canoni stabiliti ed accettati dalle religioni. Noi rispettiamo le religioni e le intendiamo come vie per avvicinarsi a ciò che non può essere detto; ma comprendiamo che il numinoso, il divino, non può essere ristretto in parole ed immagini umane. Sappiano anche che la fede, che nuove le montagne, non può essere imposta, che essa può apparire e scomparire in momenti diversi della vita. Per questo accettiamo tra di noi atei e credenti delle diverse religioni.

Vorrei concludere con le parole di Silo, il fondatore del Movimento Umanista. Si tratta di un brano tratto da un suo discorso intitolato “Il senso della vita”:

“… dichiaro innanzi a voi la mia fede e la mia certezza basata sull’esperienza, nel fatto che la morte non chiude il futuro, che la morte, al contrario, modifica lo stato provvisorio della nostra esistenza per lanciarla verso la trascendenza immortale. Non impongo la mia certezza né la mia fede, e vivo accanto a coloro che si collocano in uno stato diverso rispetto al senso della vita; e tuttavia mi sento obbligato ad offrire, per solidarietà, il messaggio che riconosco rende libero e felice l’essere umano. Per nessun motivo eludo la responsabilità di esprimere le mie verità, per quanto esse possano apparire discutibili a chi sperimenta la provvisorietà della vita e l’assurdità della morte.

D’altra parte, non chiedo mai agli altri quali siano le loro particolari credenze, e in ogni caso, pur definendo con assoluta chiarezza la mia posizione su questo punto, proclamo per ogni essere umano la libertà di credere o non credere in Dio e la libertà di credere o non credere nell’immortalità.

Tra migliaia e migliaia di donne e di uomini che, fianco a fianco, lavorano con noi in modo solidale, si contano atei e credenti, persone con dubbi e certezze, ma a nessuno viene chiesto quale sia la sua fede; e tutto ciò che viene dato, viene dato come un orientamento, affinché ciascuno decida per proprio conto quale sia la via che meglio chiarisca il senso della sua vita.

Evitare di proclamare le proprie certezze non è coraggioso, ma tentare di imporle è indegno della vera solidarietà.”



28 luglio 2005 

I CATTIVI NON SIAMO NOI

Chiacchera di Piero Posillico

Il Papa lo volevano uccidere, ma non ci sono riusciti.  Anzi il Papa e' andato ugualmente avanti con la sua politica di umanizzazione.  Voleva liberare la sua Polonia e l'est dal comunismo e c'e' riuscito grazie anche a Gorbaciov, Gorbaciov che stranamente e' ancora vivo, ma sarebbe stato ucciso se avesse continuato il suo operato.
Quando parlo di mafia, parlo di mafia internazionale.  La mafia di Toto' Riina, come la camorra e la drangheta oramai non esiste quasi piu'.  Sicuramente esiste qualche politico che e' protetto da una parte di questi, ma a livello politico la mafia internazionale si e' estesa e come.  C'e un altra mafia, molto piu' grande e isolata; quella cinese.  Quella cinese che insieme a quella americana, italiana e in altri paesi riesce a far entrare gente facilmente con passaporti falsi e altre strategie.  La cosa piu' brutta e' vedere i telegiornali che dicono sempre la stessa cosa; Negri ed islamici sono i terroristi.  Quando danno una notizia invece di incriminare l'atto, incriminano la persona.  Stiamo vivendo in un sistema che le fonti d'informazioni, le TV, molte Radio (non tutte) diffondano una disinformazione pazzesca facendo credere, sopratutto ai piu' giovani, che i terroristi sono immigrati, favorendo il nazionalismo e il razzismo.  Questa e' la cosa piu' grave e piu' primitiva che esista.



27 luglio 2005 

in che senso?

non credo sia possibile che le migliaia di milioni di persone che abitano su questo pianeta possano essere indifferenti al tema del senso della vita.
Dovrebbe essere il punto di maggiore interesse, distaccandosi al si sopra di tutti gli altri che, sebbene attualmente importanti, non toccano il problema di fondi che si vive oggi: il problema della disorientazione generale del mondo contemporaneo di fronte al futuro.

Se pensiamo alla quantità di problemi che ci minacciano costantemente, vediamo che siamo di fronte ad una crisi molto ampia, nella quale assistiamo al declino delle ideologie, alla disintegrazione della morale, all oscuramento dello spirito.

Tutto questo si esprime quotidianamente nella competizione delle parti, nelle lotte generazionali, negli attriti dell classi e, soprattutto, nell'aumento della sofferenza individuale e collettiva.

Ognuno sperimenta su se stessa la pressione di questo impoverito contesto sociale che, lontano dall'aiutare, aggiunge oppressione alle preoccupazioni personali.

Queste preoccupazioni si manifestano come insicurezza nel presente e incertezza per il futuro, rafforzate talvolta dalle frustrazioni del passato.

....


(grazie all'amico Ernesto De Casas)



22 luglio 2005 

il plus

una domanda: cosa fai nel tuo tempo libero?

seconda domanda: col passare del tempo.. cresce in te l'energia per fare altre cose, o diminuisce?

il tema del "plus", ovvero dell'energia in plusvalore che potrebbe essere utilizzata per crescere, per sviluppare, per evolvere, è di vitale importanza.
senza plus si rimane fermi.

e a qualcuno fa davvero comodo che noi si rimanga bloccati, senza plus!



08 luglio 2005 

Il mondo si sta riattivando...


Intervista esclusiva al candidato del Juntos Podemos, coalizione progressita cilena, promossa dal Partito Umanista Cileno.
Tomás Hirsch, l’uomo e il candidato (nella foto insieme al presidente Lula)


È sempre stato lasciato ai margini dei dibattiti presidenziali, delle discussioni di attualità e del conflitto mediatico nella corsa alla Moneda (il palazzo presidenziale cileno, NdT). Tuttavia questo, per Tomas Hirsch, non è altro che una dimostrazione di quanto sia concentrato il potere in Cile e dell’influenza che esercita il sistema binominale sulla generazione di alleanze che escludono i gruppi minoritari, politicamente parlando.
A 48 anni, Tomas Hirsch inizia una nuova avventura presidenziale che, come nel 1999, cerca di essere un’alternativa ai blocchi egemonici della politica cilena.
Di Raúl Ríos Cavada

Tomás, che differenza c’è tra la sua candidatura del 1999 e quella di oggi?
Innanzitutto ho sei anni in più, in secondo luogo ho continuato a guardare il mondo assimilando tutta l’esperienza di questi ultimi sei anni, e forse la maggiore differenza che sento è che oggi sono convinto del fatto che il Cile che sogno e che credo molti di noi sognino non sarà costruito solo da noi, non sarà un Cile arancione, il colore del mio partito, sarà un Cile in cui saranno rappresentati e parteciperanno alla sua costruzione diversi settori, politici e sociali, e questo mi ha portato a lavorare molto intensamente su una proposta di unità di tutta la sinistra e del progressismo. Questa è la differenza principale rispetto a sei anni fa, questa specie di consolidamento in me dell’idea di un lavoro unitario, molto ampio e molto diverso di tutto il nostro settore.

Esiste un’assenza di ideologia manifesta nel discorso degli altri candidati. Poiché lei arriva dal movimento umanista, qual è il contributo del movimento alla sua candidatura?
È fondamentale, è centrale, perché la mia candidatura, che fa parte del mondo politico, è un’espressione dell’umanesimo universalista, del pensiero di Silo (NdE: Mario Luis Rodríguez, leader ideologico e spirituale del movimento umanista), dello sviluppo che sta realizzando il movimento nel nostro e in altri paesi del continente e del pianeta. Questo si traduce per esempio nell’ubicazione dell’essere umano come valore centrale, si traduce nell’utilizzo della non violenza attiva come unica metodologia di azione accettata, nell’ubicazione del lavoro sopra al capitale, nell’ubicazione di nessun essere umano al di sopra di un altro, infine ha una serie di traduzioni molto importanti, nella valorizzazione della diversità; naturalmente tutto ciò che ti cito come una specie di titolo ha uno sviluppo e una radice in una visione del mondo e in una visione dell’essere umano e della costruzione sociale dell’umanesimo universalista.

Lei cita Silo, parlando dell’umanesimo che ispira la sua visione politica. Qual è la relazione di Tomás Hirsch con il movimento umanista?
Sono attivo nel movimento umanista da quindici anni, quindi da molto tempo, e in questa partecipazione ho avuto la possibilità di fare un profondo lavoro personale e di collaborare a un lavoro di trasformazione sociale, che consente di creare strutture umaniste in diversi paesi della nostra regione, quindi è un vincolo molto profondo e di lunga data e in cui ho potuto essere vicino a Silo molte volte.

Qui si interrompe l’intervista, un cellulare dei Carabinieri chiude il passaggio di Santa Isabel con Cochrane, per controllare la manifestazione studentesca già fuori controllo convocata nel Parque Almagro. Un paio di isolati più su ci sono garanzie di sicurezza sufficienti per proseguire la conversazione.

Tomas, cosa le ha fatto decidere di intraprendere una nuova candidatura?
Non volevo essere candidato, se vuoi sapere la verità, mi dedicavo ad altri progetti dell’umanesimo e ad altre attività, ma la gente del partito ha insistito molto, mi ha presentato a lungo questa possibilità. Davvero non volevo, non è il modo di dire di tutti i candidati. Sentivo che la mia fase nella politica attuale era terminata, che avevo già dato il mio contributo. C’è stata molta insistenza, io cercavo di convincerli che era un buon momento per un altro candidato.

Che altre alternative aveva il suo partito?
Questo era il problema, non consideravano nessuna altra possibilità. Non volevano considerarne un’altra…

Reitze?
Non necessariamente. Io avevo diverse proposte, avevo in mente molti candidati che potevano farlo molto bene, e continuo a pensarlo. Ma c’era una proposta che in sostanza diceva che non lo devi a te stesso, lo devi a un progetto comune; tu sei il risultato dell’azione di molte persone, per lo meno io vedo così la vita. Quindi non sono arrivato in questo mondo per vedere come divertirmi, sono arrivato per vedere come posso aiutare a cambiarlo per renderlo migliore, e se c’è un insieme umano che sente che tu puoi contribuire in questo senso non ti resta altro che dire vamos, echemosle pa’ adelante… (andiamo, lanciamoci in avanti)


Cosa succede con la famiglia Hirsch e questa nuova candidatura? Perché perfino per lei la sua candidatura è stata un po’ una sorpresa.

In realtà sono felicissimi, perché nella prima candidatura i miei figli erano molto più piccoli, quindi non hanno potuto viverla molto bene, li prendevano in giro a scuola, cose come tuo padre è Tomás Hirsch, prenderà pochi voti. Ora sono più grandi, quindi mia figlia maggiore partecipa attivamente al lavoro della candidatura nell’ambito universitario e mio figlio che ha dodici anni si sente un umanista fatto e finito, quindi è molto entusiasta. In realtà lui è stato il primo richiamo che ho ricevuto quando mi hanno proposto di candidarmi, mi ha detto ni cagando renuncies, papá (niente rinunce, papà).

Esiste un costo familiare legato alla politica?
No, non c’è un costo familiare in assoluto, per me c’è costo familiare quando non abbiamo progetti, quando la famiglia si trasforma nell’andare al supermercato o guardare la TV. Per me non c’è costo in questa attività, ma al contrario ci motiva molto, facciamo molte attività insieme sulla candidatura e facciamo molte altre attività insieme. Mia moglie è un’attiva militante del partito, infatti è presidente della regionale metropolitana, quindi non vedo un costo in questo: inoltre i miei figli sono cresciuti tutta la vita vedendoci in questa attività dello sviluppo dell’umanesimo, quindi questo per loro non ha niente di strano né di speciale.

In definitiva lei dice che l’attività politica e la famiglia possono essere compatibili nell’inquadramento dell’umanesimo?
Assolutamente.

Tornando un po’ all’attualità, cosa ne pensa di ciò che stiamo vedendo, una protesta che è sfociata nella violenza, tanto dei manifestanti quanto della polizia?

Credo che rifletta molto bene il Cile di oggi in cui c’è repressione, in cui c’è persecuzione, in cui non si permette la libera espressione, in cui i giovani che vogliono rappresentare le loro idee sono repressi e non si aprono spazi affinché possano dialogare. I ministri non li ascoltano e credo che camminare con te, in mezzo a questa persecuzione, in mezzo ai carabinieri, alle bombe lacrimogene e all’acqua, sia vedere un riflesso molto buono del Cile attuale, perché nel frattempo ci sono altri che vivono senza voler sapere quello che succede e c’è un governo che legifera completamente alle spalle delle richieste degli studenti in questo caso e dei lavoratori il primo di maggio.

E qual è la sua proposta in merito? Per esempio, quale sarebbe il contributo di questi stessi studenti in un eventuale governo di Tomas Hirsch?
Credo che sia assolutamente possibile governare e avere un progetto ascoltando e dando partecipazione. Mi hanno anche detto che la gente si allontana dai partiti politici perché non danno partecipazione e da questo punto di vista il partito umanista sta crescendo, lo abbiamo fatto in tutti questi anni, perché crediamo veramente nella partecipazione come forma diversa di fare politica e pertanto una forma diversa di fare governo. Credo che, indubbiamente, alla fine si deve arrivare a decisioni e queste non sempre piacciono a tutti e funziona così, non c’è modo di risolvere questa equazione, ma nel processo è fondamentale ascoltare tutti i settori, dare loro uno spazio per avere le loro opinioni. Lo sto facendo, per esempio, nel mondo in cui stiamo creando il programma di governo del Juntos Podemos, che si sta realizzando a partire dal lavoro e dalle proposte che si stanno elaborando nelle comunità: da lì deve nascere il programma di governo e non da un gruppo di tecnocrati completamente scollegati dalla realtà e da ciò che accade nel paese. Questo si può estrapolare a livello di governo.

Questa è l’unica differenza tra Tomas Hirsch e i suoi avversari nella corsa alla Moneda?
No, c’è molto di più, tutto direi, perché propongo un modello di società completamente diverso da quello di oggi; in pratica, io credo in uno Stato con un ruolo attivo e protagonista nella distribuzione del reddito, mentre la concertación (coalizione politica cilena di centro-sinistra, NdT) e la destra credono in un ruolo sussidiario che compensi solamente alcuni piccoli squilibri che potrebbero prodursi nel mercato. Credo in uno Stato che privilegi salute ed educazione, nella decentralizzazione profonda del paese con la creazione di nuove regioni più piccole, con l’elezione diretta dei rappresentanti, con risorse che restino nelle regioni e siano utilizzate nelle priorità che lì si definiscano. Inoltre credo nella necessità di riscuotere imposte elevate dall’attività e dal lucro finanziari, nella definizione di una royalty, ma seria, del 10 o 12% e non del 3% con cui ci intrattiene la concertación, è necessario modificare la legge sul lavoro, che oggi privilegia il capitale rispetto al lavoro, bisogna finirla con il sistema attuale dell’AFP (Amministrazione del Fondo Pensioni, NdT) e lo stato deve garantire pensioni dignitose; infine posso continuare citando un’enorme quantità di proposte e di visioni del paese che non hanno niente a che vedere con quello che sono la Concertación e la destra.


Intervista realizzata dallo studente Raúl Ríos Cavada, della Scuola di Giornalismo, Università di Santiago del Cile. Questo lavoro si è distinto nella comunità universitaria per l’onesto, diverso e vero che si sente nell’intervistato, si ringrazia profondamente Tomás Hirsch. Questa intervista viene distribuita ai diversi organismi Umanisti.
Santiago, 30 giugno 2005



07 luglio 2005 

attentati a Londra..

lasciano sempre molto vuoto del cuore, certi eventi...

ma che non si lasci alla compulsione l'ultima parola.

la cosa peggiore che ora potrebbe succedere ora sarebbe l'iniziare a sparare a raffica contro chiunque si muova, presi dalla rabbia e dalla paura, o ancora peggio strumentalizzando la violenza per cavalcare altri obiettivi.

è in momenti come questo che rivedo tutta l'energia, il tempo, le risorse passate in tanti anni a cercare di sensibilizzare sul tema della situazione del nostro mondo, sulla necessità di iniziare ad attivarsi, anche solo un minimo, nei confronti degli altri, riallacciando le relazioni e imparando a dialogare.

noi si continuerà a fare quello che c'è da fare.
consapevoli che la violenza non può che portare violenza, spero che qualcuno inizia a vedere la "ripetizione" di determinate meccaniche, e che voglia anche lui iniziare a costruire con lo sguardo oltre il raggio del proprio giorno




Se lo dice lui...

"Dobbiamo essere sicuri che i governanti africani investano nella loro gente, nella salute dei loro cittadini, nell'educazione dei loro giovani; e che combattano la corruzione"

George W. Bush, al G8



06 luglio 2005 

forse è meglio iniziare a muovere un po' il culo...

scusatemi ma a volte non trovo termini più dolci...

basta connettersi un poco con le varie situazioni della nostra vita: dalla riforma della scuola alla crescente precarietà del lavoro, dall'aumento della produzione di armi alle tensioni internazionali, dall'aumento della violenza quotidiana al costo della vita, dal depauperamento della salute pubblica all'inadeguatezza dell'attuale politica ad interfacciarsi a noi..

la violenza cresce, e non vedendola, non ci stiamo preparando a prevenirla.

vorrei che non si arrivi improvvisamente ad una "situazione limite", impreparati e costretti ad accettare le compulsive risposte del più forte di turno..

io so come fare.
contattami.



05 luglio 2005 

onorevoli...

non finirò mai di stupirmi di quanto si sia perso il significato delle parole che usiamo..

onorevole.. dottore... sua eccellenza..

l'unico uso del dare del "lei", lo vedo ora giusto nel mettere una certa distanza verso persone che di "onorevole" hanno ben poco..



03 luglio 2005 

aiutare l'africa... serve una rivoluzione

"io credo che i musicisti e gli artisti in generale.. possano davvero essere d'aiuto in queste situazioni...
questo perché si suppone che siano sensibili, che abbiano dei sentimenti..."

cito l'amico Morgan (nelle interviste dopo il concerto Emergenza Tsunami dell'8 febbraio scorso, vedi http://www.clum.net ) per introdurre il tema del Live8.

sono davvero molto contento che ogni tanto si riescano a mettere insieme gli artisti per dei progetti a beneficio della società.

mi è piaciuto molto anche lo slogan "non vogliamo i tuoi soldi, vogliamo te!"

credo che la cosa debba però da un lato andare oltre il singolo evento, sporadico e occasionale, e dall'altro lato il progetto da sottendere deve essere mondiale e profondo.

innescare e retroalimentare una rivoluzione mondiale è la nostra missione.


illudersi che le cose andranno a sistemarsi da sole, o che i "potenti" diano abbastanza ascolto alle nostre voci facendone seguire azioni appropriate, è solo controproducente.
se mai faranno qualcosa sarà l'ennesimo "cambio di superficie".. un cerottino et voilà.. tutti contenti fino alla prossima volta.

la radici del mondo che viviamo sono poi così radicate che non è neanche così facile immaginarsi delle soluzioni facili e immediate.

per fortuna c'è chi a tutto questo ci dedica temp oed energia da diversi decenni.
diamo loro ascolto!

ho già da diversi anni in mente il progetto di dare energia ad una corrente di "artisti umanisti".
che abbiano cioè tra i valori primari l'essere umano, nella sua completezza e complessità.
che ripudino la violenza, in ogni sua forma, e la discriminazione.
che anelino al massimo sviluppo della conoscenza e delle forme di espressione

rievocando i cari amici del "nostro" Rinascimento.. Leonardo, Michelangelo, Dante, Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, Charlie Chaplin...
che ci hanno aiutato ad "uscire" da oscuri periodi...
come non vedere che siamo alle soglie di un Nuovo Rinascimento?
che c'è bisogno di un Nuovo Rinascimento!!

a settembre si parte. intanto fatevi sentire..



01 luglio 2005 

soldi.. soldi... non toccarmi il mio tessoro

questo mondo fa così schifo perché oggi tutto è in funzione del denaro.

esso è il valore principale che ha ormai scalzato anche i suoi due amichetti "prestigio" e "sesso"..

sono abbastanza puerili i tentativi di chi vorrebbe "cambiare le cose".. aiutare gli altri, salvare il mondo, diffondere la pace etc, se sotto sotto non si inizia una profonda rivoluzione nel sistema di valori che sottende tutto. anche la nostra vita!
certo, perché sfido chiunque a farsi un esame di coscienza e definire la propria scala di valori.
e quindi confrontarla con il proprio agire.

uno dei tanti motivi per cui ringrazio il Movimento Umanista, è per il fatto che tutto viene autofinanziato, e ogni sei mesi si raccolgono le "collette" di autofinanziamento tra le persone che in modo più o meno attivo partecipano a questo progetto...

dicevo che ringrazio, perché grazie a questa cosa si dà la possibilità ad ognuno di confrontarsi col tema dei soldi..

per noi umanisti il denaro è un mezzo. uno strumento.
non ha valore in sè.

un giorno ti chiedo una mano per fare una cosa... magari ti impegna 3 giorni.. è possibile che tu mi aiuti..
un giorno ti chiedo di scrivere un articolo... e lo fai, magari anche con paicere e "compromettendoti".. perché esprimi qualcosa di tuo...
un giorno ti chiedo del materiale scolastico.. stiamo allestendo una scuola in Togo, sai... sei felicissimo di contribuire..
un giorno ti chiedo 10 euro... sai ci sono cose che costano denaro, oggi... mannaggia chiedimi di tutto ma non i soldi.
ti prego non toccare quel tema!!

??


lo so che ce li hai 10, 20 o anche 60 euro.. non siamo nella suburbia di Nairobi..
so anche che hai appena speso 150 euro in quei nuovi pantaloni o nell'ultimo aggeggino elettronico..
mi conosci poi da diversi anni.. lo sai che quei soldi non me li intasco io, e che sono abbastanza intelligente da non farmi fregare..

allora dove sta la cosa?

"cazzo un amico mi chiede dei soldi per contribuire ad un progetto mondiale per cambiare il mondo... chissà cosa cè sotto.. qualcuno sicuramente se ne sta approfittando.. vogliono i miei soldi.. vogliono il mio tesssoro!!!"

qualcuno ha giustamente notato che alcune cose le si prende in considerazione soltanto se vengono pagate molto.. un alto prezzo.
ti regalo un libro? arrivi a casa e lo butti su uno scaffale.
lo paghi 60 euro? te lo leggi tutto tre volte. e guai a regalarlo, dopo.. l'hai pagato un sacco di soldi!

un'ultima considerazione: se in cambio dei tuoi 10, 20, 60 euro.. io ti dò una maglietta, un librone, una tessera di adozione di un bambino africano o qualsiasi altra "cosa"... la faccenda è diversa..
però le cose tornano ad essere come erano prima. nulla è cambiato...


cosa ti succede dentro quando ti chiedo dei soldi?
chieditelo. meditaci. cerca una risposta.

.. stiamo buttando le nostre vite nel cesso e ce ne accorgeremo solo quando qualcuno tirerà la cordicella...

ps: sono sempre qui ad accettare la tua colletta..



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